Toni Morrison, Amatissima
C’è una casa, al 124 di Bluestone Road, in cui vive Sethe, con sua figlia Denver. Sethe è fuggita via dal Kentucky, da un’altra casa chiamata Sweet Home, è scappata dalla schiavitù. Ora si trova nell’Ohio, uno stato libero. Sulla schiena ha un albero di cicatrici che le ricorda quotidianamente le frustate subite nel corso degli anni. Vive al 124 di Bluestone Road, Sethe, ma non ha ancora trovato pace. A tormentarla, a infestare la sua nuova casa, c’è il fantasma della sua bambina.
Beloved, Amatissima. Che ora non c’è più, è stata uccisa dalla madre affinché non provasse anche lei gli orrori dell’essere schiava. Sethe le ha tagliato la gola, quando la piccola ancora non aveva un nome. Lo ha fatto quando ha visto il cappello del “maestro” da lontano. Il cappello dell’uomo bianco che ne avrebbe reclamato il possesso, perché la fuga non era prevista, non era ammessa dalla legge. La neonata è morta, gli anni sono passati. Ora la neonata che non esiste più infesta la casa al 124 di Bluestone Road, è tornata a reclamare amore, a reclamare di essere ricordata. Lei, come i milioni di morti durante quegli anni, vuole essere ricordata. Lo pretende, per non finire nell’oblio.
Il romanzo di Toni Morrison è una storia sulla maternità, sulla schiavitù, sulla morte e sulla vita. Ci sono tante donne, in Amatissima. C’è Sethe, c’è Denver. E c’è Baby Suggs, schiava per 60 anni, poi riscattata dal figlio Halle. E poi c’è Beloved, un fantasma che reclama una vita che non ha mai potuto avere. Gli uomini, in questo romanzo, restano sullo sfondo, ma servono a spiegarci meglio la grandezza e la complessità di queste donne. C’è Halle, figlio di Baby Suggs e marito di Sethe, che non ha lasciato il Kentucky con i figli ed ora appartiene al passato. Gli altri figli di Sethe, sono scappati di casa, adolescenti, per sfuggire al fantasma. E poi c’è Paul D, che era anche lui a Sweet Home e ora, dopo anni, rincontra Sethe e sua figlia. E deve fare i conti anche con Beloved, che non è più solo un fantasma, ma è diventata una donna reale, vero corpo venuto dall’acqua del fiume. Beloved, rinata dall’acqua, ora gioca con Denver, sua sorella. Parla con la madre. Forse vuole vendicarsi, forse l’ha perdonata. Intanto, Sethe fa ogni giorno i conti con sé stessa, con il suo passato, col fardello che porta dentro nel suo cuore.
La storia di Sethe è la storia di Margaret Garner, scappata dalla schiavitù realmente nel 1856, per arrivare in Ohio. Toni Morrison aveva letto la sua vicenda nell’antologia The Black Book, la storia di una donna che, dopo aver compreso che sarebbe stata ricatturata, uccise la figlia, scegliendo per lei che la morte sarebbe stata più dolce della schiavitù.
Il libro è stato pubblicato nel 1987 e ha vinto il Premio Pulitzer, consacrando la Morrison nell’Olimpo dei grandi scrittori americani del 900. La scrittura è complessa, il linguaggio stratificato. Alle volte si fa fatica a stare dietro alle varie digressioni, ai salti nel tempo, alle storie che si intrecciano. È un viaggio difficile e doloroso, non iniziate questo libro se avete voglia di una lettura leggera. Ma, se iniziate, portatela a termine. Lo dovete. Lo dovete ai “sessanta milioni o più”, che si trovano nella dedica iniziale: gli africani che morirono durante il secolo e passa, in cui la schiavitù negli Usa era legale.