XYQuartet – QuartettoQuartetto
Nuovo progetto di qualità di Nusica.org. QuartettoQuartetto è nato dalla sinergia tra XYQuartet e il Conservatorio di Musica di Vicenza Arrigo Pedrollo.
QuartettoQuartetto è un originale lavoro di orchestrazione di celebri hit di XYQuartet, riarrangiati dalla band e dal compositore Gianmarco Scalici. Apprezziamo infatti sei brani storici del gruppo (Titov; Malcom Carpenter; Spazio Angusto; Vale Vladi; Consecutio Temporum e Pax Vobiscum) e due inediti (No Evidence; Essential) registrati ed eseguiti insieme a quattro musicisti del Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza.
QuartettoQuartetto ripercorre la storia di XYQuartet, con Alessandro Fedrigo al basso elettrico, Nicola Fazzini al sassofono, Saverio Tasca al vibrafono e Luca Colussi alla batteria, insieme ai percussionisti Christian Del Bianco, Paolo Zanin, Rossano Muzzupapa, Luca Gallio, e l’ausilio della classe di musica elettronica, Gli otto musicisti danno vita a un disco pensato per indagare nuove soluzioni timbriche e ritmiche, in cui marimbe, gong, campane tubolari, archi, timpani colorano gli otto brani dell’album.
Titov (N.Fazzini) dedicata al secondo cosmonauta nello spazio e un intreccio di metri ritmici diversi esaltati dalle timbriche delle percussioni; Malcolm Carpenter (N.Fazzini), composizione poliedrica che utilizza diverse tecniche timbriche, ritmiche e armonico-compositive, ispirata alla vita dell’omonimo astronauta; Spazio Angusto si basa sull’assemblaggio di elementi ritmici e melodici binari e ternari in un unico groove, riorchestrata da Gianmarco Scalici con ampio uso di diverse percussioni, incluso body percussion. E ancora, Vale Vladi (S.Tasca) arrangiamento/riscrittura del materiale compositivo contenuto nei brani “Valentina Tereshkova” e “Vladimir Komarov” contenuti nell’album Orbite (2017) in cui si può dire, semplificando, che ogni coppia di note contiene in sé la propria sorgente e il proprio ritmo.
E ancora Consecutio Temporum (A.Fedrigo) dove si susseguono continue variazioni di tempo, comprese delle modulazioni metriche. Le strutture intervallari sono organizzate in forma di spirali che continuamente si contraggono e si espandono e che vengono permutate attraverso i vari strumenti. Nell’orchestrazione per questo ensemble si simula il meccanismo di un macchinario che si mette in moto, accelera e rallenta improvvisamente.
Le fa eco Pax Vobiscum (A.Fedrigo) un momento di pace apparente, di meditazione che al suo interno possiede dissonanze forti e contrasti dinamici. L’elemento centrale in questa composizione è la narrazione di uno stato d’animo che evolve e in queste evoluzioni incontra i solisti improvvisatori. Le percussioni sono parte della narrazione e enfatizzano i contrasti con la potenza dei timbri possibili.
A questi brani si aggiungono gli inediti No Evidence, composizione inedita di Nicola Fazzini riarrangiata da
Saverio Tasca e Luca Colussi, un vero mascheramento della composizione Evidence di Thelonious Monk ed Essential composta ed arrangiata da Tasca.
XYQuartet | QuartettoQuartetto
Nicola Fazzini (alto sax)
Alessandro Fedrigo (bass guitar)
Saverio Tasca (vibes)
Luca Colussi (drums)
Christian Del Bianco (percussions)
Paolo Zanin (percussions)
Rossano Muzzupapa (percussions)
Luca Gallio (percussions)
XYQuartet è uno dei gruppi più apprezzati della nuova scena del jazz italiano. Con alle spalle tre incisioni e numerosi prestigiosi concerti in Italia e all’estero è stato premiato nel 2014 e nel 2017 come secondo miglior gruppo italiano nel sondaggio della critica indetto dalla rivista Musica Jazz.
IL PRINCIPE SEREBRJANYJ – ALEKSEJ K. TOLSTOJ
Una nuova uscita Scrittura & Scritture:
È il 1565 quando il giovane principe Nikita Romanovič Serebrjanyj, nobile bojaro russo, rientra a Mosca, dopo aver combattuto per cinque anni nella lontana Lituania.
Durante la sua assenza molte cose sono cambiate: la corte imperiale si è trasferita da Mosca all’Aleksandrovskaja Sloboda, la sua amata Elena è vittima di intrighi e soprusi e il suo zar, Ivan il Terribile, cui ha giurato fedeltà incondizionata, ha scatenato, non solo sul popolo ma anche sulla comunità nobile dei bojari, il terrore e la tirannia, istituendo la milizia speciale degli opričniki.
Lo scontro tra il carattere sincero e leale del giovane principe e lo zar con tutta la corte, corrotta e dedita a ogni forma di violenza, dà vita a una narrazione dall’ingranaggio perfetto, ricca di avventura e colpi di scena, e di personaggi malvagi come il capo dei boia, Maljuta Skuratov.
Su tutto, un grande affresco della Russia del Cinquecento in cui si muovono briganti, stregoni, traditori, boia e nobili bojarine, facendo riscoprire un magnifico romanzo storico che ha goduto di indiscussa fama internazionale, e ispirato film e opere teatrali.
Un anno di Smart Working
Forse il tema è impopolare, visto le tante persone a cui la pandemia ha strappato via il lavoro. Ma siccome il dibattito è ancora caldo, quest’anno pieno pieno di smartworking per me ha significato: lavorare di più, lavorare con più stress, lavorare senza orari e senza weekend; lavorare tanto con la convinzione generalizzata che si stia in vacanza; lavorare al cellulare mentre prepariamo la pappa alla bambina; lavorare mentre diamo da mangiare alla bambina; lavorare mentre si cambia un pannolino o si fa un bagnetto; lavorare con la bimba in braccio o lavorare mentre mia moglie lavora con la bimba in braccio; fare call di lavoro con rumori di fondo di ogni tipo; fare call di lavoro a bassa voce altrimenti la bimba si sveglia; finire di lavorare più tardi del normale orario, “tanto si è a casa”; iniziare a lavorare prima del normale orario, “tanto si è a casa”; dover essere disponibile e reperibile più di prima; dover dimostrare più di prima. Eppure avrebbe tanti, tantissimi vantaggi, lo smart working.
Dovrebbe essere lavoro “intelligente”, tradotto in italiano. E quindi secondo me quello che Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano, così descrive: “Smart Working significa ripensare il telelavoro in un’ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio.”
Riflessioni su Astrazeneca
Ho letto nei commenti ad un post di un mio amico una frase che mi ha fatto ridere: “dicono Io non mi faccio Astrazeneca perché non so cosa contiene, e poi mangiano i wurstel”. Dopo la risata però, ho pensato che il paradosso dell’informazione in tempo di covid è ormai evidente: abbiamo potenzialmente accesso a una quantità di dati senza precedenti, ma non sappiamo usarli correttamente. E nel rumore di fondo creato dai media, quello che resta nell’uomo comune è soltanto una grande paura, mescolata a un gustoso ingrediente complottistico (non ci danno informazioni corrette, quindi ci vogliono morti). Il clickbait ha rovinato il nostro modo di fruire la notizia, me ne rendo conto ogni volta mi inviano su WhatsApp il solito articolo che collega una persona morta a un vaccino fatto un mese prima.L’Ema, che dovrebbe invece essere una delle poche fonti da prendere in considerazione, si è pronunciato: Astrazeneca non uccide, non ci sono correlazioni tra trombosi e vaccini, i pochissimi casi (30 su 30 milioni o giù di lì) rientrano tranquillamente nelle statistiche e non destano allarme. Ma ciò non basta, in tantissimi prenotati non si sono presentati all’appuntamento col vaccino in questi ultimi giorni, perché non era Pfizer. In giro è tutto un “mio cugino ha fatto il vaccino ed è stato male, un altro suo amico è all’ospedale”. Applichiamo la regola del sentito dire a una faccenda così importante, all’unica soluzione che potrebbe, in fin dei conti, restituirci un po’ di normalità.Siamo così sfiduciati da istituzioni e potere, che pensiamo vogliano sempre e comunque metterlo in quel posto al “cittadino comune”. Come se non bastassero quelli che non si presentano, viaggiamo a un ritmo di vaccinazioni così lento, che di questo passo prima di un anno l’immunità di gregge ce la sogniamo, mentre da Israele arrivano immagini che sembrano quelle dell’estate 2019, negli Usa post Trump viaggiano alla velocità della luce e stanno vaccinando già i 40enni. Personalmente, non vedo l’ora che tutti i miei cari possano vaccinarsi. Ognuno è libero di scegliere come preferisce, ma ricordo che ci sono più possibilità di venire colpiti da un fulmine, che morire per la vaccinazione. C’è da fidarsi. Me l’ha detto mio cugino.