Musei, Covid e strategie digitali, quale presente e quale futuro?
La pandemia Covid-19 che ha colpito il mondo in questi mesi ha avuto un grave impatto su tutti i settori economici. Tra questi, quello cultural-museale ha subito una delle più gravi battute d’arresto. Antonio Tarasco, direttore del Servizio I della Direzione generale Musei del Ministero dei Beni culturali e del Turismo, ha stimato in un’intervista ad AgCult una “perdita netta di circa 20 milioni di euro al mese per i musei statali”.
Dall’8 marzo tutti i siti museali d’Italia hanno chiuso al pubblico. Da quella data, si sono letteralmente riversati sui social network, nel tentativo disperato di continuare a raccontare il patrimonio artistico online, non perdere affezionati e magari conquistare nuove fasce di pubblico in vista della riapertura che, salvo alcuni piccoli musei che non possono garantire il rispetto delle distanze, è avvenuta in quasi tutta Italia.
Alcuni dati
A livello mondiale tutti i musei hanno chiuso le attività durante i mesi di lockdown e hanno ridimensionato l’offerta. Stando ai dati riportati nell’indagine ISTAT del 21 maggio 2020 “I musei statali al tempo del Covid – 19”, in Italia si stima che nel periodo marzo-maggio 2020 vi sia stati, nei soli musei statali, un mancato afflusso di 19 milioni di visitatori e una perdita di circa 78 milioni di euro.
Sale museali troppo piccole, spazi chiusi, tagli al personale, hanno rivoluzionato un intero settore. Se pensiamo che addirittura la Tate Modern di Londra ha messo in atto licenziamenti per fronteggiare la crisi, possiamo avere una idea di come la pandemia abbia stravolto la quotidianità dei musei.
Le strategie digitali
L’attività sui social network è raddoppiata durante l’emergenza. La chiusura causata dal coronavirus ha portato un’accelerazione della digitalizzazione in tutte le sue forme. Il “90% dei Musei ha creato contenuti ad hoc dopo la propria chiusura al pubblico”, stando all’indagine di ICOM (International Council of Museums). Altro dato interessante, più di un terzo dei Musei ha attivato nuovi canali o riattivato social che erano rimasti del tutto o in gran parte inutilizzati. Purtroppo, anche abbastanza ovviamente, solo il 18% ha dichiarato di aver allocato delle risorse economiche alla realizzazione di attività digitali.
Insomma, mentre prima per tantissime realtà museali italiane, i social network erano soprattutto il modo più veloce per appuntamenti o inserire comunicati stampa, durante il lockdown la parola d’ordine è stata storytelling: in modo un po’ goffo e per alcune realtà provando per la prima volta un tipo di narrazione totalmente differente, si è lasciato spazio ai racconti, agli aneddoti, ai protagonisti. Grande risalto hanno avuto i cosiddetti “virtual tour”, in alcuni casi i musei hanno puntato su curiosità, giochi e rubriche e quiz.
È stato il trionfo dei video: dirette dei curatori che da casa raccontavano le opere d’arte, video montati nelle sale vuote per mostrare collezioni o opere dimenticate, apertura di canali Youtube per l’occasione, passeggiate virtuali, tour 3D.
Alcune volte in modo disorganizzato, senza un vero e proprio piano editoriale digitale, sembra che il principale obiettivo dei musei sia stato “mettere quante più foto e video sui social network”. Meglio che niente, certo, ma a un certo punto abbiamo rischiato l’overload informativo e l’effetto rumore confuso di fondo è stata la diretta conseguenza.
Questa corsa alla pubblicazione digitale ha di certo portato un po’ a tutti i musei d’Italia un bel numero di followers. In alcuni casi, come le Gallerie degli Uffizi, il periodo di lockdown è anche servito per affacciarsi su nuove e giovanissime realtà social, come TikTok, e sperimentare interazioni con influencer di grandissima notorietà, come Chiara Ferragni.
Come è cambiata la fruizione del museo
L’emergenza Covid-19 ha comunque messo al centro della riflessione sui musei lo strumento tecnologico. Prima posto in secondo piano rispetto all’esperienza di visita reale, o al massimo supporto alla visita insieme alla mappa e alla guida, alla riapertura dei musei il web e i social sono diventati fondamentali per la fruizione di un museo.
Questo ha aumentato la fidelizzazione e la passione del pubblico per l’opera d’arte, ma non si è ancora trasformato in un aumento del pubblico reale. Le misure di sicurezza e contingentamento non permettono ancora di fare grandi numeri, eccezion fatta per i grandi siti che stanno aumentando progressivamente le visite, in ogni caso lontane anni luce dai numeri degli scorsi anni. C’è ancora troppa paura di visitare musei con mascherina, gel alcolico e distanziamento sociale.
Cosa resta invece dei musei sui social? Passata l’indigestione virtuale, fatta di like, cuoricini e video più o meno virali, al termine della pandemia torna centrale il tema del pubblico. A tutti i livelli, riscopriamo quanto sia importante la relazione tra pubblico reale e opera d’arte. Forse, questa, impossibile da sostituire, per quanto sia forte e appassionato lo sforzo tecnologico. Il futuro, forse, sarà costituito da una presenza sempre più importante di tecnologie digitali al servizio della comunità dei fruitori di cultura e musei. Il loro ruolo sarà fondamentale per rendere più completa l’esperienza di visita, se possibile differenziandola. Mettendo sempre al centro l’opera d’arte, però, quella reale e tangibile.